domenica 28 settembre 2014

Impazzire si può

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1 commento:

  1. In relazione al convegno "Impazzire si può" ed all'assenza della società civile allo stesso, voglio sottolineare che i telegiornali e giornali locali non ne hanno parlato, ed inoltre che gli educatori delle cooperative, di certo quelli che si occupano degli utenti nelle residenze, non ne sapevano niente. Qualche voce è anche arrivata, così, al volo, che ha incontrato tra l'altro il disinteresse totale a causa del disincanto degli operatori del settore. Se i giornali e telegiornali non ne hanno parlato significa che non c'è stata un comunicato stampa da parte dell'organizzazione del convegno, se il grosso degli educatori non ne sapeva niente significa che non è stato fatto girare un opuscolo relativo, una comunicazione ufficiale, casetta per casetta, cooperativa per cooperativa, centro per centro. Inoltre, in Italia ci sono tante realtà operanti nella salute mentale che non ne sapevano niente del convegno, l'altra settimana ero a Firenze ed una psicologa educatrice del settore mi ha confermato di non aver mai sentito parlare di questo convegno. I numeri parlano chiaro: 200-300 persone per un convegno nazionale sono niente, soprattutto per un convegno organizzato dal centro della rivoluzione basagliana, dalla Psichiatria più famosa in Italia, vista anche all'estero come faro del cambiamento. Come tutto in Italia, anche in questo settore si parla e si mette in scena molto più di quanto si fa nella sostanza, ci si imbelletta del profumo dei concetti e principi, ci si fa "il look", e così poi le cose possono continuare uguali. Se ci fosse un reale interesse a cambiare le cose per ridurre gli effetti del disagio mentale, per arginare l'inizio di un disagio, per condurre il sofferente mentale ad una vita di nuovo sana e naturale, si sarebbero affrontate per prime ben altre cose: male gestioni anche economiche, mobbing tra operatori, trattamenti poco ortodossi e rispettosi degli utenti, assistenze svogliate e non vitali ecc ecc, chi è dentro nel settore sa bene quante cose vengono nascoste, quanti metodi sono discutibili, e quanto c'è che fa storcere le budella. Inoltre, tutti questi laboratori artistici oggi tanto valutati danno agli utenti gioia e autostima temporanee e circoscritte, dentro i centri di salute mentale o i club, frequentati solo da alcuni utenti e da nessuno della società civile. Al di fuori del csm o club tutto rimane uguale per l'utente e la sua vita, ed anzi il csm e centri vari diventano l'unico ambiente in cui sentirsi vivi. Un ghetto divertente. E questo lo pensano in molti operatori della salute mentale italiana. Io non sono un'operatrice del settore ma conosco molti operatori della salute mentale, e sento da anni molte cose che fanno rabbrividire, che andrebbero denunciate, e assolutamente affrontate e spazzate dai vertici della salute mentale; sono stata una malata mentale pure io vent'anni fa e ne sono uscita con la psicanalisi privatamente, dopo aver avuto una esperienza fallimentare e allucinante con un csm locale; ho lavorato nel sociale e fatto volontariato sia in cooperative della regione e di trieste, sia in associazioni locali, fino a quando ne sono uscita, perchè è più sopportabile e meno rivoltante il malaffare e la malagestione in settori che nulla hanno a che fare con la cura del cuore e mente delle persone. Sabrina Gerin

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