mercoledì 19 agosto 2020

You're stronger than you think

La sociologa statunitense Brené Brown, in uno dei suoi libri, dice che le storie vanno raccontate, perché è nella natura umana farlo. Di storie in passato ne ho raccontate tante, storie di altri. Poi un bel giorno, tempo fa, mi sono posta la domanda: "Ma il coraggio di raccontare di te, ce l'hai?" Ste domande che ci arrivano dal nulla sono disarmanti. Sta a noi poi accogliere la "sfida", farsi "il viaggio dell'eroe" di cui parla Joseph Campbell, o dire "no grazie." Io ho detto sì e ho iniziato, senza sapere minimamente dove sarei finita. Non lo so ancora, ma va bene: è così che funziona il rischio. Mica i personaggi delle fiabe girano con il codazzo di guardie armate a proteggerli. Soli sono, ad affrontare orchi, streghe e draghi, mannaggia la miseria. E così accade nella vita reale.
Poi, non si tratta solo di raccontare, ma di condividere e questo è un passo che sembra ridicolo per chi ha già fatto mostre, pubblicato articoli, scritto pagine e pagine di blog. Ma quando si tratta di storie personali e, oltretutto, non da commedia, beh, è un altro paio di maniche. Arriva una strizza dove non batte il sole che vi lascio solo immaginare.
Sempre la Brown, nei suoi libri, parla della forza di essere vulnerabili. Wow! In un mondo in cui dovremmo essere tutti super eroi, efficienti, impeccabili, duri come marmo, la sua è una presa di posizione che definirei rivoluzionaria. Mi ha stuzzicata, mi ha spinta, di nuovo, all'avventura. E l'altro giorno, parlando con un'amica al telefono, mi è uscita dal nulla la frase "Devo mettere il video su youtube." Detto, fatto: non mi faccio pregare dall'intuizione.
Di sto lavoro volevo farne una mostra, ma tra strizza al ... iniziale, mancanza di soldi, e, adesso, covid, non la vedo proprio nel breve periodo. Perciò, appunto, ho deciso di metterlo su youtube. Si intitola "You're stronger than you think", cioè "Sei più forte di quello che pensi." Sono degli autoritratti in cui ho, se così si può dire, interpretato personaggi diversi. A un certo punto, infatti, mi sono resa conto che non stavo parlando solo di me, ma di tante altre persone.