domenica 15 marzo 2015

Petizione a favore del teatro "La Contrada"

In uno Stato che spende trentacinque mila euro per un'ora di volo di un cacciabombardiere Tornado, sessantadue milioni a chilometro per l'alta velocità, miliardi (sapremo mai la cifra esatta?) di euro per un expo in cui lavoreranno gratis migliaia di persone; in uno Stato che ha creato e finanziato corsi di laurea il cui solo titolo potrebbe scatenare l'ilarità di molti (vi bastino "Scienze dell'Allevamento, Igiene e Benessere del Cane e del Gatto", "Tropical rural development", "Verde ornamentale e tutela del paesaggio"); in uno Stato che si può permettere il lusso di finanziare scuole private, cliniche convenzionate, corsi di formazione più o meno inutili (ma obbligatori per entrare in una delle varie corporazioni esistenti); in uno Stato infine che, udite udite, conta novantuno miliardi di evasione fiscale all'anno (dato riportato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze in data 1 ottobre 2014) è chiaro ed evidente che, per far dormire sonni tranquilli alle Madame dell'alta finanza, una sforbiciata qua e là bisogna darla.
E da dove si parte? Ma è cartesianamente evidente: dalla cosa più finanziariamente inutile che l'umana specie abbia mai inventato, la Cultura, incluso il Teatro, quel settore che al giorno d'oggi sembrerebbe ancora più inutile, anche come puro intrattenimento, dato che nelle Neo-Basiliche e neo-Fori dell'augusta capitale lo praticano signori, signore e signorine pagati un occhio della testa per recitare la loro parte, qualcuno a braccio, altri con il copione in mano, o con tanto di maschera, cori, scenografie in miniatura, applausi a comando e quant'altro necessario per incrementare voti, audience, celebrità eterea, a seconda dei casi.
Ho detto sembrerebbe o, per dirla con Pirandello "Così è (se vi pare)". A me però, guarda caso, non pare, perché ritengo che il Teatro sia una cosa seria e trovo fisicamente insopportabile e moralmente deprecabile che vengano tagliati fondi a gruppi che dopo mesi e mesi di dura preparazione e anni, prima, di studio, salgono su un palcoscenico per raccontare delle storie, trasmettere emozioni, comunicare dei messaggi, in poche parole intrattenere il pubblico in modo "intelligente", diversamente da certi signori, signore e signorine, protagonisti di produzioni pensate e dirette ad un pubblico di bradipi acefali, con tutto il rispetto per i bradipi.
Avendo seguito per due anni l'Accademia della follia ero perfettamente consapevole delle difficoltà economiche in cui versava non solo la compagnia di Misculin, ma anche altre piccole belle realtà che però, almeno a Trieste, non riescono a trovare piena espressione. Nella mia boscaiola ignoranza pensavo "Sarà perché del teatro dei matti, o di quello sperimentale non gliene frega niente a nessuno?" "Sarà perché non sono poi così bravi come penso?" "Sarà perché il livello culturale è ormai talmente basso che la gente preferisce i musical easy soft ai testi dei drammaturghi?" E' possibile, ma non sufficiente. A Trieste, infatti, la Cultura generalizzata del Teatro c'è sempre stata fin dai tempi degli antichi romani e continua ad esserci. E quanto accaduto di recente al Teatro Contrada dimostra proprio questo: la responsabilità non è (o non in massima parte) degli spettatori e delle compagnie, ma di quella massa solida vulcanica, chiamata "volontà politica" che, in teoria, dovrebbe esprimere la volontà dei più (la sovranità appartiene ancora al popolo, secondo la Costituzione, o no?) ma in realtà è appannaggio di pochi che, a partire soprattutto dagli anni '90, non sempre corrispondono ad esseri umani in carne ed ossa con residenza in territorio nazionale.
Come riportato da Fabio Dorigo su "Il Piccolo" del 7 marzo scorso, per il Ministero per i Beni e le attività culturali, la Contrada non costituisce né Teatro di rilevante interesse culturale (Tric), nè Centro di produzione, ed è perciò stata declassata a "Impresa di produzione teatrale o, in alternativa, a Organismo di programmazione: ovvero semplice compagnia teatrale che produce spettacoli (come se non avesse un’intera stagione del Teatro Bobbio da gestire) oppure mero contenitore di titoli in ospitalità (come se la Contrada non avesse nel suo dna la produzione di spettacoli teatrali: poco meno di 400 dal 1976 ad oggi)" (cit. da Il Piccolo, 7 marzo 2015). A rischio, prosegue Dorigo nel suo articolo, il contributo Fus (485mila nel 2014) e l’apporto degli enti locali.
Trovando vergognosa questa decisione da parte del Ministero, mi permetto di condividere la mail del co-direttore artistico del teatro Contrada, Matteo Oleotto, regista fra l'altro dello straordinario film "Zoran, il mio nipote scemo"


Carissimi amici,

Un’inaudita e vergognosa decisione del Ministero, vuole costringere il teatro la Contrada di Trieste a snaturare quasi 40 anni di produzione e oltre 30 anni di gestione delle stagioni di prosa mettendo, tra le altre cose, a rischio un centinaio di posti di lavoro.

Questa sentenza ministeriale, oltre ad attaccare pesantemente la Contrada con totale sprezzo per il suo lavoro e la sua storia, mira ad impoverire ulteriormente l’intera regione, sia da un punto di vista culturale che economico.

Ovviamente noi facciamo subito ricorso contro la decisione del Ministero, ma è importante in questo momento il supporto di tutti.

Per questo stiamo raccogliendo le firme di tutte le persone che vogliono sostenerci.

Se volete contribuire, questo è il link per la petizione online:

Grazie per tutto il sostegno e vi saremo grati se farete girare questa mail.

Matteo Oleotto
Co-direttore Artistico

La Contrada-Teatro Stabile di Trieste
Via del Ghirlandaio 12
34138 Trieste

(la foto è di esclusiva proprietà della Contrada, che ne ha concesso l'utilizzo alla sottoscritta solo ed esclusivamente per il presente post)




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