Feo is one of my four Birman cats. We also call him "little Buddha", not just because he's a little chubby, but because he probably found his peace of mind when he was in the womb. I cannot say he's my favorite one, but I can say that I really envy him his approach to life, in a few words: calm down and take it easy.
Once I was sitting at my desk, reading Susan Sontag's "On photography". Feo wanted some snuggles and he didn't care what I was doing. So he took place on my legs, on his back and asked for a little scratch under the chin with a loud meow.
At some point he wrapped his legs around the book, enjoying a lot the situation. But after a few minutes he started to move his tail and suddenly he grabbed the book with his mouth in order to chop it up.
The incredible thing is that I wanted to do same thing at the same time: chop that book up.
Why? For many reasons. Without going into details, let me just say that I dislike those who make generalization about a single category of people, regardless of whether the category refers to gender, profession, religion, skin color. We have seen in the past what happens when somebody applies generalizations to a part of humanity as a whole.
In the second place, I dislike those who feel superior to others and feel free to speculate on others' "Being", as if they knew every single man and woman one by one, which is not possible because there are 7 billion people in the world.
Third, I dislike those who write about something that they don't know, because the final result can only be superficial.
Voyeurs, predators, promoters of nostalgia, super tourists, sexually perversed people, fabricators of lies, those who volunteer seek out the pain of others, are just some of the phrases and epithets used by Sontag to describe "photographers" or a part of them. Nothing could be more questionable. But maybe this was the aim of the book: to be questionable. I don't' know, but it doesn't matter. Which matters is that "On photography" is considered one of the most highly regarded books of its kind, while is plenty of prejudices and stereotypes, the world could well do without.
By the way, if you haven't' read the book yet and you want to, don't forget Nietzsche's sentence, quoted by the american photographer Paul Strand: "I have just read Schopenhauer, now I have to get rid of him".
I think Feo read my mind and understood pretty well all my reasons. This is the reason why he's today winner.
That's all.
Feo e Susan Sontag
Feo è uno dei miei quattro gatti birmani. Lo chiamiamo anche "piccolo Buddha", non solo perché è un tantino cicciottello, ma anche perché probabilmente ha trovato la pace dei sensi già quando era nella pancia della mamma. Non posso dire che sia il mio preferito, ma posso dire che gli invidio sul serio il suo approccio alla vita che, in poche parole consiste nel motto: calmati e rilassati.
Un giorno ero seduta alla scrivania e leggevo "Sulla fotografia" di Susan Sontag. Feo voleva le coccole e non gliene poteva fregare di meno cosa stessi facendo. Così si è messo sulle mie gambe, a pancia in su e, con un sonoro "miao" ha chiesto una grattatina sotto il mento.
Ad un certo punto ha abbracciato il libro con le zampe, beato della situazione. Ma dopo alcuni minuti ha iniziato a muovere la coda e tutt'ad un tratto ha afferrato il libro con la bocca per farlo a pezzi.
La cosa incredibile è che io volevo fare la stessa cosa in quel preciso momento: fare a pezzi il libro. Perché? Per varie ragioni.
Senza entrare nei dettagli, lasciatemi dire che non supporto quelli che fanno generalizzazioni su singole categorie di persone, a prescindere che la categoria si riferisca al sesso, alla professione, alla religione o al colore della pelle. Abbiamo visto in passato cosa succede quando qualcuno fa generalizzazioni d'insieme su una parte dell'umanità.
In secondo luogo, non sopporto quelli che si considerano superiori agli altri e si sentono liberi di speculare sull' "Essere" degli altri, come se conoscessero ogni uomo e donna uno ad uno, il che non è possibile, dato che al mondo ci sono 7 miliardi di persone.
Terzo, non sopporto quelli che scrivono di cose che non conoscono, perché il risultato finale può essere solo superficiale.
Voyeur, predatori, promotori attivi della nostalgia, super turisti, persone sessualmente perverse, fabbricanti di bugie, coloro i quali cercano volontariamente il dolore degli altri, sono solo alcune delle espressioni ed epiteti usati dalla Sontag per descrivere i "fotografi" o parte di essi. Niente potrebbe essere più discutibile. Ma forse era proprio questo lo scopo del libro: essere discutibile. Non lo so e non importa. Ciò che importa è che "Sulla fotografia" è considerato uno dei libri migliori del suo genere, mentre è pieno di pregiudizi e stereotipi di cui il mondo può fare tranquillamente a meno.
Per inciso, se non avete ancora letto il libro e volete leggerlo, non dimenticate le parole di Nietzsche, citate dal fotografo americano Paul Strand: "Ho letto Schopenhauer, adesso devo sbarazzarmi di lui."
Credo che Feo mi abbia letto nel pensiero e abbia capito molto bene le mie ragioni. Questo è il motivo per cui lo proclamo vincitore del giorno.
Click here if you want to know something more about the section "And the winner is"
Drinking coffee in Trieste is a ritual that suits different situations, as in other parts of the world: from waking up in the morning to a feature of the town's social life. The presence of important coffee manufacturers and numerous historical cafes (Caffè San Marco, Caffè degli Specchi, Caffè Tommaseo, etc.) bears witness to a long-term tradition, dating from the second half of the eighteen century, with the birth of the first coffee shops, public places where people could buy and drink coffee.
You may say: "This is not so unusual". In fact, it isn't. What makes the difference are the terms used, (that are not the same as in the rest of Italy) and the possibility to drink coffee in a little glass, instead of the ordinary cup.
With this in mind, you have to be careful when you ask for a coffee in this crazy town. In fact, if you simply say "coffee", the waiter will bring you an unrequested espresso or will reply by another question: "Which kind of coffee?". If you ask for a "cappuccino", the waiter will probably ask you: "small or big?"
In order to enjoy drinking coffee in Trieste, I'm gonna give you some useful information and first of all the glossary you have to learn in order to create any possible combination on your own.
"bi" - short for bicchiere (glass);
"capo" - small cappuccino;
"caffelatte" - big cappuccino (the italian one);
"deca" - short for decaffeinato (decaffeinated);
"orzo" - short for caffè d'orzo (barley coffee);
"goccia" - short for gocciato, an espresso with a drop of milk;
"nero" - espresso;
"caffè" - espresso (but take care, when you say "caffè", as I told you before!)
"ristretto" - strong espresso;
"corretto" - espresso with a shot of spirits
Once you have learned this glossary you'll be ready to order the coffee you want. Let's try some combinations.
"Capo deca": little decaffeinated cappuccino in a cup;
"Capo in bi": little cappuccino in a glass;
"Capo deca in bi": little decaffeinated cappuccino in a glass;
"Goccia corretto": espresso with a drop of milk and a shot of spirits, in a cup.
Of course, some combinations are not possible: "orzo deca" for example doesn't make sense (barley coffee doesn't contain caffeine).
Besides this, I couldn't' imagine to order neither a "caffellatte corretto" (a big cappuccino with a shot of spirits), neither an "orzo ristretto in bi" (a strong barley coffee in a glass), but this is a matter of personal taste. You can do what you want, just use your imagination.
Isn't that funny? I think so.
By the way, if you go to Gorizia (50 km far from Trieste) you cannot use the above mentioned terms: they will simply not understand you. If you go to Udine (100 km far from Trieste) and you order a "nero" they will bring you a glass of red wine. So, pay attention and enjoy.
That's all.
Bere il caffè nella città dei matti
Bere il caffè a Trieste è un rituale che si adatta a differenti situazioni, come in altre parti del mondo: dal risveglio mattutino a caratteristica della vita sociale della città. La presenza di importanti produttori di caffè e di numerosi caffè letterari (Caffè San Marco, Caffè degli Specchi, Caffè Tommaseo), sono testimoni di una tradizione a lungo termine, che risale alle seconda metà del XVIII secolo, con la nascita delle prime Botteghe del caffè, locali pubblici in cui era possibile acquistare e bere la bevanda.
Potreste dire "Questo non è così insolito". Infatti non lo è. A fare la differenza sono i numerosi modi di bere il caffè. Da questo punto di vista, dovete fare attenzione quando ne ordinate uno a Trieste. Infatti, se dite semplicemente "caffè" il cameriere vi porterà un espresso oppure vi risponderà domandandovi: "Che caffè?". Se domandate un cappuccino, il cameriere vi domanderà: "Piccolo o grande?"
Per apprezzare il caffè a Trieste vi darò una serie di informazioni utili e prima di tutto un glossario per imparare a creare da voi le possibili combinazioni.
Iniziamo:
"bi" - diminutivo di bicchiere;
"capo" - caffè macchiato;
"caffelatte" - cappuccino;
"deca" - diminutivo di decaffeinato;
"orzo" - diminutivo di caffè d'orzo;
"goccia" - diminutive di gocciato, an espresso con una punta di latte;
"nero" - espresso;
"caffè" - espresso;
"ristretto" - caffè ristretto;
"corretto" - caffè corretto.
Una volta che avete imparato il glossario siete pronti per ordinare il caffè che volete. Proviamo alcune combinazioni:
"Capo deca": caffè macchiato decaffeinato in tazzina;
"Capo in bi": caffè macchiato in bicchiere;
"Capo deca in bi": caffè macchiato decaffeinato in bicchiere;
"Goccia corretto": caffè gocciato corretto.
Ovviamente alcune combinazioni non sono possibili: "orzo deca" per esempio non ha senso (il caffè d'orzo non contiene caffeina).
Inoltre, io non potrei immaginare di ordinare un "caffellatte corretto" (cioè un cappuccino corretto), né un "orzo ristretto in bi" (caffè d'orzo ristretto in bicchiere), ma è una questione di gusti personali. Voi potete fare ciò che volete, basta usare l'immaginazione.
Per inciso, se andate a Gorizia (50 km da Trieste) non potete usare i termini sopra elencati: semplicemente non vi capiranno. Se andate a Udine (100 km da Trieste) e ordinate un "nero", vi porteranno un bicchiere di vino rosso. Perciò fate attenzione e buon divertimento!
Click here if you want to know something more about the section "And the winner is"
I met Leandro in Trieste, on the wharf named "Audace" (I prefer its original name, San Carlo/Saint Charles, a little more elegant that "audacious"), a place that is beloved by both townspeople and tourists, for its wonderful view over the gulf, especially at sunset.
It was a sunny day and I was wandering without any special aim. On the wharf there was someone sleeping, someone else reading a book or having a conversation. Finally there were some guys fishing. All of them had one fishing pole per person, except Leandro, who had three ones: one in his hands, the other two on the ground. This seemed to me quite curious and I decided to approach him. This was an excellent choice .
"What did you caught today?", I asked him while we were sitting on the wharf.
"Look!", he told me and opened a plastic bag. Inside there were squid and cattle fish, together with a scad.
"I come fishing here in Trieste quite every day, from the end of March to the end of May, every year", he explains to me. "I come in the evening, stay all night long and at about 11am I take the train and go back home."
Leando comes from Gorizia, my hometown, and went to the same middle school as me, the school Virgilio. He enjoys, as I do, meeting new people and talking with them. But a part of that, we don't have anything in common: my life, normal and sometimes boring, cannot be absolutely compared to his, adventurous and out of order.
He's 52, has two kids and plays guitar. For many years, he lived in a community. He also lived about four years in Amsterdam, a city where I have never been and that seems quite different from Trieste and the rest of Italy. According to Leandro's story Amsterdam is a bustling town, where, as I could understand, people have respect for others and if you're in trouble, government takes care of you. This doesn't mean that everything is perfect there, but it's better than here, where the motto is "every man for himself", with the blessing of government, always ready to save money on welfare (personal view).
We were talking about that while drinking a coffee at a neighborhood bar, run by some Chinese guys, where a couple of gipsies were playing the trumpet and the accordion. I took a "capo", a kind of coffee that you can find only here, but this is another story (later on I'm going to talk about that). For the moment I just want to declare Leandro today's winner, as I really enjoyed the time spent with him.
That's all.
Leandro il pescatore
Ho conosciuto Leandro a Trieste, sul molo “Audace” (io preferisco il suo nome originale, San Carlo, un po' più elegante di “audace”), un luogo molto amato sia dagli abitanti sia dai turisti, per la sua vista strepitosa sul golfo, soprattutto al tramonto.
C'era il sole e stavo vagando senza meta. Sul molo qualcuno dormiva, qualcuno leggeva un libro, altri conversavano fra di loro. Infine, c'erano alcuni signori che pescavano. Questi ultimi avevano una canna da pesca ciascuno, ad eccezione di Leandro, che ne aveva tre: una in mano, le altre per terra. Questo mi è sembrato piuttosto curioso e ho deciso di avvicinarmi a lui. Decisione azzeccata.
“Cos'hai preso oggi?” gli ho chiesto mentre sedevamo sul molo.
“Guarda”, mi ha detto e ha aperto la borsa di plastica. Dentro cerano seppie, calamari e un sugarello (suro).
“Vengo a pescare qui a Trieste quasi ogni giorno, da Marzo a Maggio, ogni anno”, mi spiega. “Arrivo di sera, sto tutta la notte e alle undici circa prendo il treno e torno a casa.”
Leandro è di Gorizia, la mia città natale, e ha frequentato la mia stessa scuola media, la scuola “Virgilio.” Come me, anche lui ama conoscere gente nuova e conversare con loro. Ma a parte questo, non abbiamo niente in comune: la mia vita, normale e a volte noiosa, non può essere assolutamente messa a confronto con la sua, avventurosa e fuori dall'ordinario.
Leandro ha 52 anni, due figli e suona la chitarra. Ha vissuto molti anni in una comune. Ha anche vissuto quattro anni ad Amsterdam, una città in cui non sono mai stata e che sembra abbastanza diversa da Trieste, come anche da altre città italiano. Da quanto dice Leandro, Amsterdam è una città vivace dove, come ho potuto capire dal suo racconto, la gente rispetta gli altri e se hai delle difficoltà il governo ti aiuta. Ciò non significa che sia tutto perfetto, ma è meglio di qui, dove il motto è “ognuno per sè”, con la benedizione del governo, sempre pronto a risparmiare sulla spesa sociale.
Abbiamo parlato di questo mentre bevevamo insieme un caffé in un bar vicino, gestito da cinesi e dove una coppia di gitani stava suonando la tromba e la fisarmonica. Io ho preso un “capo”, un tipo di caffé che si può trovare solo qui. Ma questa è un'altra storia (domani ve ne parlerò). Per il momento voglio solo proclamare Leandro il vincitore di oggi, perché mi sono davvero divertita in sua compagnia.
Click here if you want to know something more about the section "And the winner is"
Do you remember those little seagulls who were born on the roof across from mine some time ago? Well, they are still there. Unfortunately one of them, the littlest of the brood, didn't survive. I really hope that his God will give him another chance to live.
Instead, the other two are growing quickly, while their parents take care of them, providing them with foot and recovery, when the weather is bad.
Feathers started to come in last week but they are still quite invisible. Nevertheless they sometimes emulate their parents, spread their little wings and jump up on the roof shingles. Sometimes they slide down and start shouting until they get up again.
I'm really lucky as I can look at this nature's show every day. And I feel happy as I can share with you this experience. Needless to say who are today's winners.
That's all.
I piccoli gabbiani crescono
Ricordate quei piccoli gabbiani che sono nati sul tetto di fronte a casa mia qualche tempo fa? Ebbene, sono ancora lì. Sfortunatamente uno di loro, il più piccolo della nidiata, non è sopravvissuto. Spero sinceramente che il suo Dio gli dia un'altra possibilità di vita.
Invece, gli altri due crescono velocemente, mentre i loro genitori si prendono cura di loro, procurando loro il cibo e un riparo, quando fa brutto tempo.
Le penne hanno iniziato a spuntare la settimana scorsa, ma sono ancora quasi invisibili. Ciononostante a volte i due emulano i loro genitori, aprono le loro alette e saltano sulle tegole del tetto. A volte scivolano e iniziano a strillare, finché non si rimettono in piedi.
Mi ritengo molto fortunata dato che posso assistere a questo spettacolo della natura ogni giorno e sono felice di condividere con voi questa esperienza. Inutile dire chi sono i vincitori di oggi.
Click here if you want to know something more about the section "And the winner is".
If I were a director, Trieste on Sunday would have been the perfect set for a military action movie: plenty of women and children in the main square and around, some men from the East, traditionally dressed, some women wearing headscarves, numerous uniformed soldiers and some military assets: a lightweight attack helicopter (Agusta A129), armed with machine guns, a cannon, anti-tank missiles and/or anti-aircraft rockets (unit cost: over €20 million); a light wheeled armoured fighting vehicle (Puma 6*6), armed with machine guns; a tank destroyer (Blindo Centauro 8*8) equipped with a 105 mm 52 calibre cannon and with two 7.62 mm machine guns (unit cost: over €1.5 million); a mine cleaning robot used by bomb squads within the italian Army, similar to that used in Kathrin Bigelow's movie "The hurt locker".
By adding some special effects and a few Hollywood stars the movie would be done, without too much effort.
But I'm not a movie director and in Trieste the set was not built for a movie, but for a military show, within what was supposed to be a commemoration for Italy's entrance in World War I, but that was actually a great party, which involved thousands of people, enjoying military fitness courses accompanied by very rhythmic music, looking with wonder at the skydivers, collecting information at the stands set up by some military corps, clapping for "bersaglieri" (an infantry unit, that can be recognized by its distinctive wide brimmed hat) and the military band, taking pictures of their kids on the chopper or on the tank.
I asked a friend of mine, who was living in Sarajevo during the siege: "What do you think about all that stuff?" She answered: "I cannot stand it". Personally I cannot stand it too. I've never been under fire but I can imagine what does it mean and I can imagine what the military assets shown in Trieste are for: shooting something or somebody.
All respect due to those soldiers in Trieste on Sunday, who were fulfilling their obligations, let me say that weapons are not toys for kids and war is not a show. Weapons are used to shoot, war is a tragedy. If you don't believe me take a look at what's going on in Syria, where people who are still alive are escaping the war, not celebrating it.
Therefore today there are no winners.
That's all.
p.s. To better understand what was the situation like during the weekend click here.
Quando le armi sono giocattoli e la guerra è uno show
Se fossi una regista cinematografica, Trieste domenica scorsa sarebbe stata il set perfetto per un film d'azione militare: tantissime donne e bambini nella piazza principale e dintorni, alcuni uomini orientali vestiti in modo tradizionale, alcune donne con il vero, numerosi soldati in uniforme e alcuni mezzi militari: un elicottero d'attacco leggero (Agusta 129), dotato di mitragliatrici, un cannone, missili anti carro e/o razzi anti aerei (costo unitario: più di 20 milioni di euro); un mezzo blindato corazzato leggero (Puma 6*6) dotato di mitragliatrici; un cacciacarri (Blindo Centauro 8*8) dotato di un cannone 105mm/52 e con due mitragliatrici 7.62 mm (costo unitario: più di 1,5 milioni di euro); un robot sminatore utilizzato dagli artificieri dell'esercito italiano, simile a quello usato nel film "The hurt locker" di Kathrin Bigelow.
Con l'aggiunta di alcuni effetti speciali e la presenza di alcune star holliwoodiane il film sarebbe pronto, senza troppo sforzo.
Ma io non sono una regista cinematografica e a Trieste il set non è stato allestito per un film, ma per uno spettacolo militare, nel contesto di quella che sarebbe dovuta essere una commemorazione per l'entrata dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale, ma che di fatto è stata una grande festa che ha coinvolto migliaia di persone, che si sono divertite nei corsi fitness militari accompagnati da musiche molto ritmiche, che hanno guardato con meraviglia ai paracadutisti, che hanno raccolto informazioni presso gli stand allestiti da alcuni corpi armati, che hanno applaudito ai bersaglieri e alla banda militare, che hanno scattato foto dei loro figli nell'elicottero o sul cacciacarro.
Ho chiesto ad un'amica che viveva a Sarajevo durante l'assedio: "Tu cosa ne pensi di tutto questo?" Mi ha risposto: "Non lo posso reggere." Personalmente non lo posso reggere nemmeno io. Non sono mai stata in guerra ma immagino cosa voglia dire e posso anche immaginare il modo in cui vengono utilizzati i mezzi militari in mostra a Trieste: sparare a qualcosa o a qualcuno.
Con tutto il rispetto per quei soldati che erano a Trieste domenica e che stavano compiendo il loro dovere, lasciatemi dire che le armi non sono armi per bambini e la guerra non è uno spettacolo. Le armi sono usate per sparare, la guerra è una tragedia. Se non mi credete guardate cosa sta succedendo in Siria, dove la gente ancora viva scappa dalla guerra, non la celebra.
Oggi perciò non ci sono vincitori.
p.s. Per capire meglio l'aria che tirava in questo weekend cliccate qui.
Fascist legacy is not merely a BBC documentary film about the unpunished Italian war crimes before and during World War II. It rather also indicates particular attitudes and behaviors characterizing some contemporary societies.
I'm referring to those countries who celebrate their entrance into World War I, which had over 17 million deaths and 20 million wounded.
I'm referring to the members of right-wing extremist groups, marching like soldiers and carrying flags with symbols that closely recall those used by nazis and fascists in the Thirties and Forties.
I'm referring to all local authorities who allow creepy and perverse right-wing extremist demonstrations to take place in towns that were destroyed by World War I and by Fascism itself.
I'm referring to all national or local authorities who allow these kind of demonstrations to take place next to historical festivals, where scholars and journalists are discussing about some of the major events of 20th century.
I'm finally referring to all those who prefer to believe in an ideology, rather than to the facts, because it's easier, because they don't have to "waste their time" by reading books or by going out of the door to see what's going on, because an idea is more charming and more exciting than the mere facts.
And the facts are the these: on Saturday I took a train and went to Gorizia, my hometown. It was rainy there and at 10.00 A.M. only a few people where around on the main street, leading to and from the railway station.
While walking in the park "Rimembranza" I took a couple of pictures and right after I was stopped by a police officer who asked me to show my ID. The woman in uniform wanted also to know why I was in Gorizia, assuming I was there for the demonstration. "No, I'm here for the history festival", I answered briefly. Indeed, I was going to listen to a lecture about the Armenian genocide, as part of "éStoria", the renown festival of history which takes place in Gorizia every year.
At lunchtime I took a walk around the town up to the former border crossing "Casa Rossa" (Red house) on the Italian-Slovenian border. In the forecourt there was a circus tent. I asked the permission to take some pics but I was denied.
So I went back to the station, where a group of people from Gorizia, Nova Gorica and other nearby towns were gathering to demonstrate against the national meeting of "CasaPound" (an italian right-wing extremist organization), that was going to march through the town and celebrate the 100th anniversary of Italy's entrance in World War I, with the motto "Italy, Rise, fight and win!" as if it were a football championship.
"What fuck do you have to celebrate? Do you think a war has to be celebrated?", I would have liked to ask to those dark-dressed guys from all over Italy, singing the national anthem and carrying flags and banners that recall fascist and nazis mottos and symbols.
I would have liked to ask something similar to a soldier who was next to an armored truck, exhibited in front of the town theatre, but I preferred to remain silent, 'cause he was really polite and nice and I didn't want to be unpleasant with him.
Finally, I wouldn't have dislike to listen to another lecture within "éStoria" but I felt really tired and preferred to go back home.
These are the facts. Exciting? Touching? Moving? Not at all, but I prefer these ones to any kind of ideology, keeping in mind the words of Hannah Arendt ("The origins of totalitarianism").
"An ideology is quite literally what its name indicates: it is the logic of an idea. Its subject matter is history, to which the "idea" is applied; the result of this application is not a body of statements about something that is, but the unfolding of a process which is in constant change. The ideology treats the course of events as though it followed the same "law" as the logical exposition of its "idea." Ideologies pretend to know the mysteries of the whole historical process - the secrets of the past, the intricacies of the present, the uncertainties of the future - because of the logic inherent in their respective ideas."
And later on: "The ideal subject of totalitarian rule is not the convinced Nazi or the convinced Communist, but people for whom the distinction between fact and fiction {i.e., the reality of experience) and the distinction between true and false {i.e., the standards of thought) no longer exist."
Against any ideology, against any fiction, I declare the mere facts today's winners.
That's all
Fascist Legacy
Fascist legacy non è solo un documentario della BBC sui crimini impuniti commessi dagli italiani prima e durante la Seconda Guerra mondiale. Indica anche atteggiamenti e comportamenti particolari che caratterizzano alcune società contemporanee.
Mi riferisco a quei paesi che celebrano la loro entrata nella Prima Guerra Mondiale, che causò più di 17 milioni di morti e 20 milioni di feriti.
Mi riferisco ai membri delle organizzazioni di estrema destra, che marciano come soldati e portano bandiere con simboli che richiamano da vicino quelli usati dai nazisti e dai fascisti negli anni '30 e '40.
Mi riferisco a quegli amministratori locali che permettono a manifestazioni di estrema destra, inquietanti e perverse, di aver luogo in città distrutte dalla Prima Guerra Mondiale e dallo stesso Fascismo.
Mi riferisco a tutte le autorità locali e nazionali che permettono a queste manifestazioni di svolgersi accanto a festival della storia, dove studiosi e giornalisti discutono dei fatti più importanti accaduti nel XX secolo.
Infine mi riferisco a tutti quelli che preferiscono credere ad un'ideologia piuttosto che ai fatti, perché è più semplice, perché non devono “perdere il loro tempo” leggendo libri o uscendo di casa per vedere quello che accade, perché un'idea è più eccitante e più affascinante dei meri fatti.
E i fatti sono i seguenti: Domenica ho preso il treno per andare a Gorizia, la mia città natale. Pioveva e alle 10 di mattina c'erano solo poche persone sulla strada principale da e verso la stazione ferroviaria.
Mentre camminavo nel parco della Rimembranza ho scattato un paio di foto e subito dopo sono stata fermata da una poliziotta, che mi ha chiesto i documenti. La donna in uniforme voleva anche sapere perché mi trovavo a Gorizia, insinuando che io fossi lì per la manifestazione. “No, sono qui per il festival della storia”, ho risposto brevemente. E infatti, stavo proprio andando ad ascoltare una conferenza sul genocidio degli armeni, nel contesto di “éStoria”, il noto festival di storia che si svolge a Gorizia ogni anno.
All'ora di pranzo sono andata a farmi un giro per città fino alla Casa Rossa, ex valico confinario al confine tra Italia e Slovenia. Sul piazzale antistante c'era una tenda del circo, ho chiesto il permesso di scattare alcune foto, ma mi è stato rifiutato.
Così sono tornata alla stazione dei treni, dove un gruppo di persone di Gorizia, Nova Gorica e altre città vicine si stava radunando per manifestare contro il raduno nazionale di CasaPound (un'organizzazione di estrema destra italiana) che era in procinto di iniziare il suo corteo fra le strade cittadine, per celebrare il centesimo anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale, al motto di “Italia, risorgi, combatti e vinci!”, come se si trattasse di un campionato di calcio.
“Che cazzo avete da celebrare? Pensate che una guerra vada celebrata?”, avrei voluto chiedere a quei giovani di tutta Italia, vestiti di scuro, che cantavano l'inno e portavano bandiere e striscioni che ricordano motti e simboli nazisti e fascisti.
Avrei voluto chiedere qualcosa di simile a un soldato vicino a un mezzo blindato, in esposizione davanti al teatro comunale, ma ho preferito starmene zitta, perché il ragazzo era molto gentile e simpatico e non ho voluto essere sgradevole.
Infine, non mi sarebbe dispiaciuto assistere ad un'altra conferenza di “èStoria” ma ero decisamente stanca e ho preferito tornarmene a casa.
Questi sono i fatti. Emozionanti? Commoventi? Toccanti? No, per niente, ma io li preferisco a qualsiasi sorta di ideologia, tenendo bene a mente le parole di Hannah Arendt (Le origini del totalitarismo): “Un'ideologia è letteralmente quello che il suo nome sta a indicare: è la logica di un'idea. La sua materia è la storia, a cui l'idea è applicata; il risultato di tale applicazione non è un complesso di affermazioni su qualcosa che è, bensì lo svolgimento di un processo che muta di continuo. L'ideologia tratta il corso degli avvenimenti come se seguisse la stessa legge dell'esposizione logica della sua idea. Essa pretende di conoscere i misteri dell'intero processo storico – i segreti del passato, l'intrico del presente, le incertezze del futuro – in virtù della logica inerente alla sua idea.
E ancora: "Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l'individuo per il quale la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso non esiste più".
Contro ogni ideologia, contro ogni finzione, i vincitori di oggi sono i fatti.
Click here if you want to know something more about the section "And the winner is"