Il secondo mito che impera a Trieste è costituito dal cosiddetto "no se puede", "no se pol" (non si può). Diciamo invece che sarebbe più opportuno parlare di un "no volemo ke se possi" (non vogliamo che si possa), il tutto per evitare ai vari Don Rodrigo locali (e ce ne sono molti più di quanto si pensi - ma questo sarà un altro capitolo...) di perdere il controllo sui rispettivi campi di ortiche. A smentire il "no se pol" ci sono persone coraggiose che, nonostante i paletti, gli ostacoli, i NEIN e i RAUS ci provano, insistono, rompono le scatole a destra e a manca e, alla fine, magari con fatica, ce la fanno.
Le immagini sotto riportate sono state realizzate nel 2014 presso (in ordine sparso): piazza Unità, il Porto Vecchio di Trieste, le scuderie del castello di Miramare, in occasione della mostra d'arte contemporanea messicana MEX PRO, i laboratori della sartoria sociale Lister, piazza Cavana, piazza Verdi, Teatro Rossetti in occasione di tre spettacoli allestiti dell'Accademia della Follia, la sede della Comunità serbo-ortodossa di Trieste, a San Giacomo, durante il corteo del Primo maggio, la sala Tripcovich e il teatro Miela, in occasione del Trieste Film Festival, l'ICTP di Grignano, durante il mini maker faire, la sede dell''Arci in via Manzoni, in occasione dello spettacolo "Debolmente" di Mismas Teatro, il Centro culturale islamico di Trieste, in un negoziato del centro in compagnia di Giuseppe Denti.
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