Ci sono temi di cui, normalmente, nel mio blog non parlo, vuoi perché non li ritengo interessanti, vuoi perché sono sufficientemente agli onori della cronaca e un commento in più o in meno non credo faccia la differenza. Allo stesso tempo, mi rendo sempre più conto che non è in gioco solo l'argomento in sé, ma anche la prospettiva da cui lo si affronta.
Così, ieri pomeriggio ho assistito, in veste di semplice spettatrice, alla manifestazione dell'M.T.L (Movimento Trieste Libera), nato due anni fa e che rivendica per Trieste lo status di Territorio Libero, sulla base del trattato di pace che l'Italia firmò nel 1947 con i paesi vincitori della II Guerra mondiale.
La legittimità o meno delle rivendicazioni del movimento non è qui in discussione perché scena, proscenio, palco, quinte e loggione sono, da questo punto di vista, piuttosto sovraffollati: alcuni hanno già espresso un giudizio, molti una semplice opinione, altri ancora si sono prodigati in insulti poco lusinghieri (per chi li ha formulati, soprattutto). Non parlerò nemmeno di quanti erano presenti in corteo perché la lotteria non mi è mai piaciuta e dare i numeri tanto meno.
Ciò che, invece, mi preme mettere in evidenza sono altri aspetti, sulla base di quello che ho potuto vedere durante la manifestazione di ieri e sulla base di altre considerazioni pregresse.
Innanzitutto si tratta di un movimento di protesta che, analogamente ad altri movimenti sparsi un po' in tutta Europa (quella meridionale soprattutto), dà voce a quelli che continuano (fortunatamente direi) a considerare la piazza non come un luogo in cui ci si sporca la faccia scolpita dal chirurgo o le scarpette "Clark", ma come un luogo di aggregazione, dove è giusto scendere quando l'andazzo generale diventa intollerabile. E la situazione generale del momento, checché ne dicano gli showman della politica, è caratterizzata da una serie di elementi non certo idilliaci: la crisi economica e la conseguente disoccupazione (quarantenni e cinquantenni compresi), l'inadeguatezza dei partiti politici, in un mondo globalizzato, a sostenere gli interessi dei propri cittadini prima di tutto; la svendita del patrimonio pubblico (spesso al peggior offerente) da parte di una classe dirigente che ha scelto il liberismo come strada maestra; l'assottigliarsi dello stato sociale nelle sue componenti fondamentali (scuola, e previdenza in primis); l'assenza di progetti politici concreti, tesi allo sviluppo economico e ad una più equa distribuzione delle ricchezze.
In secondo luogo, si tratta di un movimento pacifico, molto vario in termini di età, estrazione sociale, orientamento politico, in cui la presenza femminile, almeno alla base, non è certo trascurabile.
Apprezzabili, in modo particolare, due elementi: l'enfasi data, nel corso della manifestazione, alla necessità dello sviluppo del porto (in quanto porto) come strumento imprescindibile per lo sviluppo di Trieste; la lettura - durante il comizio finale al magazzino 26 del Porto Vecchio (***) - di un proclama sia in italiano che in sloveno, indice, quest'ultimo, di un approccio che a Trieste soprattutto, è cosa più unica che rara data la persistenza di movimenti e di soggetti che, contro ogni evidenza, continuano a fare da portavoce a concetti un po' vetusti e, se posso aggiungere, un po' noiosetti, come quello di italianità, appartenenza nazionale, etc… A dar concretezza a questo approccio la distribuzione di volantini e la raccolta fondi per la creazione di un asilo multilingue (italiano, sloveno, inglese e tedesco) da parte dell'associazione TRIESTNGO. La nota stonata, in questo contesto, l'accento posto su una sorta di "triestinità di nascita o di origine" che cozza un po' contro la multiculturalità che, al di là degli slogan, era visibile nei volti di alcune persone scese ieri in piazza. Altresì ho trovato eccessiva la parola "ultimatum" (diretta all'Italia) perché contraria al clima di dialogo e di apertura che, invece, i partecipanti trasmettevano.
Ciò detto, questo movimento, insieme ad altre realtà più o meno nascoste e più o meno sconosciute, contribuisce a sfatare un mito: quello di una Trieste immobile, in agonia, se non definitivamente passata a miglior vita. Come, dove, quando e perché questo mito sia nato è questione aperta e non sicuramente risolvibile in un blog. Una cosa è certa: se ci si limita a quanto riportato da certa stampa che preferisce usare il teleobiettivo, contare le teste dei manifestanti, annotare gli slogan dei megafoni sui taccuini, piuttosto che andare in mezzo alla gente ad ascoltare quello che ha da dire e ad osservare quello che fa, questo mito è destinato a lunga vita.
Non sono riuscita, ieri, a parlare con la gente, a domandare a qualcuno: "scusa, perché oggi sei qui a manifestare invece che portare tuo figlio alla fiera di s. Nicolò?" e mi dispiace, pur consapevole del fatto che non ho quattro mani: due per fotografare e altre due, di riserva, per annotare appunti. Ma in mezzo alla gente sono scesa comunque e, quanto segue, è un piccolo spaccato di quello che ho visto.
Apprezzabili, in modo particolare, due elementi: l'enfasi data, nel corso della manifestazione, alla necessità dello sviluppo del porto (in quanto porto) come strumento imprescindibile per lo sviluppo di Trieste; la lettura - durante il comizio finale al magazzino 26 del Porto Vecchio (***) - di un proclama sia in italiano che in sloveno, indice, quest'ultimo, di un approccio che a Trieste soprattutto, è cosa più unica che rara data la persistenza di movimenti e di soggetti che, contro ogni evidenza, continuano a fare da portavoce a concetti un po' vetusti e, se posso aggiungere, un po' noiosetti, come quello di italianità, appartenenza nazionale, etc… A dar concretezza a questo approccio la distribuzione di volantini e la raccolta fondi per la creazione di un asilo multilingue (italiano, sloveno, inglese e tedesco) da parte dell'associazione TRIESTNGO. La nota stonata, in questo contesto, l'accento posto su una sorta di "triestinità di nascita o di origine" che cozza un po' contro la multiculturalità che, al di là degli slogan, era visibile nei volti di alcune persone scese ieri in piazza. Altresì ho trovato eccessiva la parola "ultimatum" (diretta all'Italia) perché contraria al clima di dialogo e di apertura che, invece, i partecipanti trasmettevano.
Ciò detto, questo movimento, insieme ad altre realtà più o meno nascoste e più o meno sconosciute, contribuisce a sfatare un mito: quello di una Trieste immobile, in agonia, se non definitivamente passata a miglior vita. Come, dove, quando e perché questo mito sia nato è questione aperta e non sicuramente risolvibile in un blog. Una cosa è certa: se ci si limita a quanto riportato da certa stampa che preferisce usare il teleobiettivo, contare le teste dei manifestanti, annotare gli slogan dei megafoni sui taccuini, piuttosto che andare in mezzo alla gente ad ascoltare quello che ha da dire e ad osservare quello che fa, questo mito è destinato a lunga vita.
Non sono riuscita, ieri, a parlare con la gente, a domandare a qualcuno: "scusa, perché oggi sei qui a manifestare invece che portare tuo figlio alla fiera di s. Nicolò?" e mi dispiace, pur consapevole del fatto che non ho quattro mani: due per fotografare e altre due, di riserva, per annotare appunti. Ma in mezzo alla gente sono scesa comunque e, quanto segue, è un piccolo spaccato di quello che ho visto.
Per ragioni derivanti dalle imposizioni della "Lady di Ferro" (Margaret Thatcher? No, lei era un agnellino in confronto alla legge sulla Privacy) alcune immagini molto belle ho preferito non inserirle. Che dite? Gli impedimenti alla libertà d'espressione sono un guadagno o una perdita?
(***) Il Porto Vecchio di Trieste è il tema di una pagina dedicata: Il Porto Vecchio di Trieste.
ti faccio i complimenti per l'articolo, pezzo gionalistico che sui giornali non troverai mai troppo onesto.la prox volta vieni a parlarci nella nostra sede saremo contenti di condividere i nostri pensieri .ciao
RispondiEliminaAccetto molto volentieri l'invito, Stefano, così avrò anche il tempo di prendere un blocco per gli appunti e far parlare le persone anche con le parole, oltre che con le immagini. Grazie.
EliminaComplimenti anche da parte mia per l'articolo. L'accentuazione sulla triestinità secondo me bisogna vederla da un determinato punto di vista: il triestino è sempre stato un incrocio di più culture ed etnie... non per nulla si diceva che a Trieste c'erano le ragazze più belle proprio derivanti da questo incrocio tra oriente e occidente :).
RispondiEliminaAnch'io mi aggrego a Stefano, nella volontà di voler condividere i pensieri.
Ancora complimenti per l'articolo, io oltre che in sede Le invio l'invito per una delle assemblee popolari che il Movimento Trieste Libera promuove sul territorio.
RispondiEliminaVedi: https://www.facebook.com/events/202758359908950/?ref_dashboard_filter=upcoming