E' stato un viaggio atipico quello che ho intrapreso a fine agosto in Bosnia Erzegovina. Atipico perché, a distanza di un mese, sto ancora cercando di dare un senso al viaggio stesso. Ma forse il mio è semplicemente un maldestro pretesto o un inutile tentativo di ricondurre quest'esperienza dentro gli schemi immutabili e certi della "Ragione". Schemi che iniziano a pesarmi, come uno scomodo vestito che bisogna per forza indossare soltanto perché le circostanze lo richiedono. Schemi che, seppur necessari, quando presi come assoluti, impediscono di comprendere fino in fondo ciò che ci circonda, con le inevitabili conseguenze.
Per farvi capire ciò che intendo farò un esempio soltanto, quello di Srebrenica, cittadina della Bosnia Hercegovina nord-orientale, divenuta tristemente celebre per il genocidio di più di ottomila uomini mussulmani, perpetrato dall'esercito serbo-bosniaco nel luglio del 1995.
Sono profondamente convinta che "cercare e trovare una motivazione" di quel genocidio sia funzionale, da un lato, a fornire una sorta di conforto, più che legittimo, a tutti coloro i quali hanno sofferto per la tragica e disumana perdita dei loro cari. E' funzionale anche a distinguere vittime e carnefici e, quindi, a punire i responsabili e a rendere giustizia alle vittime, sempre che (la questione è posta da Hannah Arendt in alcuni suoi scritti) sia possibile una "Giustizia" quando di fronte abbiamo non una semplice violazione del diritto ma il "Male" assoluto.
Allo stesso tempo però, e parlo di noi "osservatori esterni", limitarsi a prendere per buone le verità della Ragione ha come effetto quello di relativizzare gli eventi e, quindi, di diminuirne la portata, con la conseguenza che è sotto gli occhi di tutti: i crimini contro l'umanità continuano e essere perpetrati, in nome di una "ragione" o dell'altra. Ed è ovvio che sia così: la "Ragione" giustifica tutto e il contrario di tutto e la Storia del "Secolo breve" (tanto per non andare troppo lontano) lo mostra chiaramente: Hitler sterminò milioni di persone in nome della "Razza", cioè un concetto logico, creato a tavolino; Stalin sterminò milioni di persone in nome della "Classe", cioè un concetto logico, creato anch'esso a tavolino.
E se anche non vogliamo arrivare a questi casi estremi, un concetto logico, per sua natura, non può comunque e in alcun modo generare pathos, cioè la carica di passione, emozione, empatia di cui l'animo umano dispone e che costituisce l'unica arma che abbiamo per difendere la nostra umanità e, di conseguenza, dare il nostro contributo affinché i crimini contro il genere umano diventino solo un orrendo ricordo del passato.
E se devo per forza dare una chiave di lettura a questo mio ultimo viaggio in Bosnia Hercegovina è forse proprio il pathos che mi aiuta. Pathos verso luoghi diversi fra loro, ma tutti intrisi di forti emozioni, a partire dal fiume Neretva che, dal primo incontro, è stata e sempre sarà parte di me.
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Da qualche parte in Hercegovina |
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Monte Igman |
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Srebrenica |
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Potočari - ex fabbrica di batterie |
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Mostar - Partizansko spomen |
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Mostar |
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Mostar |
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Trebinje |
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Međugorje |
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Potočari - Memoriale |
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Mostar |
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Potočari - ex fabbrica di batterie |
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Mostar |
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Da qualche parte in Hercegovina |
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Mostar - partizansko groblje |
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Mostar |
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Mostar |
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Mostar |
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Sarajevo - Galerija 11/07/1995 |
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Neretva |