“Nei giorni di vento nord-nord/ovest veniamo sepolti da polveri di minerali e soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale “ILVA”. Per tutto questo li stessi “maledicono” coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare. Firmato i cittadini di via De Vincentis – Lisippo – Troilo- Savino". Così recita una targa commemorativa su una delle case del quartiere Tamburi di Taranto, che si trova a 800 metri circa dall'ILVA, separato dalla stessa dal solo cimitero cittadino.
Un'altra targa, sulla casa di fronte, datata 2012, lascia ancora più amaro in bocca: “Ennesimo decesso per neoplasia polmonare”. La targa è datata 8 marzo, la festa delle donne secondo il calendario istituzionale, un giorno di lutto per una famiglia che ha perso uno dei propri cari.
Un'altra targa, sulla casa di fronte, datata 2012, lascia ancora più amaro in bocca: “Ennesimo decesso per neoplasia polmonare”. La targa è datata 8 marzo, la festa delle donne secondo il calendario istituzionale, un giorno di lutto per una famiglia che ha perso uno dei propri cari.
Tanti, nel quartiere Tamburi, hanno perso i loro cari, come Elena che ha visto morire suo padre all'età di 64 anni e poi suo cognato, a 39, a causa di un tumore alla tiroide. Il cognato di Elena ha lasciato due bimbi, rispettivamente di 9 e 4 anni. Il cognato di Elena lavorava all'ILVA, lo stabilimento siderurgico più grande d'Europa, che conta più di 15.000 addetti.
A Taranto ci sono stata troppo poco tempo per farmi un'idea chiara di cosa voglia dire convivere (sempre che questo sia il termine più idoneo) con l'ILVA. Un'idea, certo, me la sono fatta e spero che le foto sotto riportate parlino da sole.
Ho lasciato alcune foto a colori. Non ho potuto farne a meno: le case dei Tamburi e le tombe del cimitero sono rosse, rosse come le polveri di minerale portate dal vento.
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